CELEBRATION

 

Dopo oltre dieci anni di carriera ed una popolarita da cult band su Martin Gore e compagni si azzardano giudizi più che positivi fino a riconoscerli una delle migliori band degli anni ottanta Lo spettro di etichette negative sembra ormai del tutto evitato e quella che si avvia ad essere considerata molto più di una techno band vive oggi la piena conferma di un nuovo LP Violator

 

Quante volte ci e capitato, avidi e rapiti dal talen.o di un artista, di accanirci a sottolineare con meticoiosa diligenza le sue canzoni macchiate di genialià. Molte, ma non tantissime. Non e cosa di tutti i giorni fruire in prima persona di una nera ricchezza chiusa tra i soichi del vinile o nelle pieghe infinitesimali di un compact disc; cosi, allorche capita, si e presi quasi in contropiede. A ripercorrere le tracce di "Violator", a tre anni di distanza dall'ultima prova in studio "Music For The Masses", si ha l’impressione di attraversare un campo di battaglia crivellato di richiami elettronici, appunti technorock e sottolineature ritmiche in bilico tra il metronomo e l1’incidere spezzato propria di frattali sonori legati alla miglior avanguardia: un incedere

maestoso che ci consegna i Depeche Mode in uno dei loro momenti migliori.

Uno scrigno ma di gioie sottili da gu-stare e conservare, al fianco di quel monumento sonoro intitolato "101" che ha consacrato Martin Gore e compagni alla gloria di una sterminata platea (si calcola che lo scorso tour americana sia stato seguito da piu di 400.000 persone) made in Usa. Qui il talento e sparso con intelligenza, senza mai strafare ne giocare sul peso, come zucchero in polvere su una torta, e alla fine "Violator", contrariamente ad altri dischi che appena ascoltati gia si fanno lentamente dimenticare, conquista per una limpidezza e una dolcezza che ritroviamo solo in un passato glorioso a nome "Somebody" e "Black Celebration".

Dunque, "Violator". A dieci anni dalla loro formazione in quel di Basildon, nell’Essex, Martin Gore, Andy Fletcher, David Gahan e Alan Wilder hanno deciso di imboccare la strada degli anni Novanta con un sound e un approccio sonoro concettualmente diversi rispetto alla passata produzione- I nostri vecchi fans non rimarranno comunque delusi - si affretta ad affermare Martin. E aggiunge – In quest’album abbiamo cercato di rinnovarci, tentando nuove strade musicali senza peraltro perdere di vista la matrice originale del Depeche sound.

Una griffe, consolidatasi nell’arco di dieci album (comprese tre antologie), nata dalla fusione di tre menti dotate di grande estro artistico come quelle di Martin, Andy e Vince Clark in un’entita musicale chiamata non a caso Composition Of Sound. Siamo all’alba degli anni Ottanta e il pop rock è in declino, cosi i nostri decidono di montare sul treno in corsa di una nev wave tecnologica tutta sintetizzatori e melodic pop portata al successo da band come Soft Cell e Human League. Mossa vincente, come la seguente. E’ di quei giorni infatti l’incontro con un’altra pedina fondamentale del movimento denominato synthi-pop, Daniel Miller una sorta di scienziato pazzo alle prese con cult band come The Silicon Teens e The Normal (dei quali Grace Jones ripesche- ra "Warm Leatherette"). La sua Mute Records nasce con il preciso scopo di aiutare e incentivare le band dedite a questo tipo di musica techno-oriented e la sua offerta ai Depeche, di incidere un singolo salvo poi registrare un album se di successo, sbaraglia quelle piu lucrose ma artisticamente sterili di molte major. Un contratto per tre album pare infatti troppo oneroso e, inoltre, Daniel e l’unico ad apparire onesto e realistico agli occhi dei ragazzi. La prima traccia dei giovanissimi, meno che ventenni Mode la troviamo sull’antologia futuristica "Some Bizzarre" (1980) pochi giorni prima di sottoscrivere con la Mute. Il debutto "Dreaming Of Me" riscuote un discreto successo ma meglio di lui fanno i seguen-ti "New Life" e "Just Can’t Get Enough", palesan-do a chiari suoni quale sara il sentiero musicale della band. Esponenti di spicco della neonata avanguardia inglese insieme agli Haircut 100, trovano meritata-mente spazio vitale nel mare magnum inglese e la successiva dipartita di Vince "per divergenze di ca-raltere artistico" (mettera su casa con Alison Moyet formando gli Yazoo) sembra non scalfire I’integrità della formazione inglese, al punto che Martin Gore gli subentrerà nel ruolo di primo compositore, im-boccando una strada maestra che punta verso Est, verso l’Europa. Le influenze si chiamano ora Kraf-twerk e alcuni gruppi tedeschi cosiddetti industriali tra cui spiccano i berlinesi Einsturzende Neubaten, la cui immagine dissacratoria e le dissonanze musica-li infiammano l’immaginazione di Gore.

Il nuovo arrivato Alan Wilder se la cava magnifica-mente e il singolo "See You" raggiunge senza appa-rente sforzo i Top 5, seguito dall’album "Construction Time Again’ (1983) e il 45 giri "Everything Counts". Ma qualcosa e cambiato, l’essenza musicale e 1’immagine costruita in tre anni di dura lavoro si spostano su un’asse parallelo dai risvolti dark, polemici e atmosfere grevi, dure. Qualche titolo? "Shake The Disease", "Master And Servant", "Blasphemous Rumors" e "Black Celebration". Siamo sempre nell’area dell’artigianato pop ma su toni piu accesi e provocatori, tanto da procurare non pochi guai con la censura. Eppure, l’Inghilterra pare non accorgersi di loro; sembra quasi prenderli in burla, una pacca sulle spalle e l’invito a fare i ragazzi seri. Allora imperversano i New Order, idolatrati da una generazione di alternativi, punk nostalgici e dark tutti d’un pezzo, grazie anche, e qui sta forse la causa scatenante, al lavoro ai fianchi delle riviste specializzate, la dove i Mode appaiono sorridenti e carini sulle copertine di Teen magazines quali Smash Hits e Number One. Un essere sottovalutati artisti-camente che segnera nel profondo l’attitudine dei quattro verso la stampa inglese e, piu in generale, i media. Un fastidio ai limiti della sopportazione avvertito anche dal sottoscritto, come vedremo, e che mal si adatta a dei beniamini, a seri professionisti quali sono (o dovrebbero essere) i Depeche Mode. Certo che, a pensarci bene, non deve essere il massi-mo della libidine venire soprannominati affettuosamente dickhead (la traduzione la lascio a voi) come e capitato a Martin per diversi anni.

Comunque sia... Degno di nota e il periodo tedesco di Martin, il quale si trasferisce a Berlino dove abita la sua ragazza per oltre due anni: un po’, con i dovu-ti distinguo, cio che capita a Bowie tempo prima. Proprio in Germania i nostri conquistano uno zoc-colo dura di fans, seguito da molti altri Paesi europei e persino da una staffetta oltreoceano; a dimostra-zione che nessuno e profeta in patria, come sottoli-neera piu volte la stesso Gore. E’ interessante altresi notare che, mentre in America i ragazzi fanno parte di una folta schiera di band (dai Cure ai Banshees, dagli Smiths ai Bunnymen) a cui si rivolge uno stesso tipo di pubblico, in Inghilterra ognuna di loro conta su una distinta schiera di adepti: insomma, si crea una certa confusione, un voler fare di agni erba un fascia che non gratifica, alla fin fine, nessuno. D’al-tra parte pero, tale mescolanza e alla base di tutta una serie di ottimi riscontri concertistici, sebbene Martin ci tenga a precisare che – forse all’inizio fun-zionò, ma in seguito furono la nostra musica e il nostro look a garantirci una massiccia presenza di pubblico.

C’e da dire che per i nativi di Atlantic City o Cleveland, Basildon, Londra e Berlino hanno la stesso fascino di una New York o una Los Angeles per i giovani europei e se a questo si aggiunge la seduzione di una musica personale e mai banale come quella dei Mode e facile capire perche la loro popolarità e aumentata in maniera esponenziale sino a raggiunge-re l’apice nelle 88 date del tour coast to coast da cui e stato tratto il materiale di "101". Quella tiepida serata di giugno ha vista il Rose Bowl di Pasadena riempirsi di 72.000 anime, letteralmente esplose al-l’ingresso di Dave Grahan e in deliria per tutte le due ore e mezza dello show,. Solo in occasione di quella tournee solo state vendute magliette e merchandising vario per circa un milione di dollari, a dimostrazione del fatto che i Depeche Mode sono diventati un vero e proprio fenomeno musicale. Non una rockband, non sia mai, ma un grande popgroup amato dal lettore accanito di Camus, e dunque di una certa intellighenzia letteraria, cosi come delle ragazzine diciottenni ancora prede notturne di "wet dreams": insomma, un Nick Cave versione dance, seducente ed eccitante. Oggi si apre una nuova decade e "Violator", titolo volutamente all’odor di metallo, si fa portavoce di una rinnovata voglia di stupire e di stupirsi; una schizofrenia controllata che Martin, Fletch e compagni continuano ad offrirc con il soli-to, gustoso contorno di umorismo similnero. Incontro dunque Gore e Fletcher discesi dal cieio. bonta loro, per riferire sull’ultima fatica discografi-ca! Non c’e ironia o cattiveria in ciòa che sto per dire ma se tempo addietro poteva risultare all'occhio del cronista distaccati e supponenti, ora sano diventati irritanti e insolenti. In fondoa, ognuno fa il suo lava-ro e una volta accettato il confronto perche giocare ai monosillabi, recitare la parte del divoa ormai deci-samente demode’. Cui prodest?. Non certo all'imma-gine privata, se l'artista rimane grande 1’uomo subi-sce un crollo paragonabile ad un crac in borsa. E se l'astio risale ai tempi del citato nomignolo, be’ allora fatevi negare: e piu elegante e coerente. Dett que-sto, passiamo alla cronaca.

 

–Un titolo, "Violator", volutamente fuori postro per un disco dei D. Mode.

Martin Gore: - lmmaginavo che pochi o nessuno avrebbe captato l’aspetto umoristico. Si tratta in ef-fetti di un gioco, abbiamo cercato una parola il piu possibile legata all’Heavy Metal per generare curio-sita, per stimolare l’interesse. Era gia successo per "Music For The Masses", allora ci accusarono di essere arroganti e pretenziosi scambiando lucciole per lanterne. Prossimamente apporremo uno sticker con le dovute spiegazioni. Ora, come quella volta, tutto ti puoi aspettare dal disco eccetto cia che sugge-risce il titolo. Pero "Violator" mi pare carino.

 

- Resta il farro che l’approccio musicale si e modifica-to rispetto ai lavori passati. Siamo ad una svolta della carriera dei Depeche Mode?

- E’ il classico luogo comune: siccome inizia una nuo-va decade bisogna necessariamente rinnovarsi, agire e suonare diversamente. Stupidaggini. Il fatto è che all’indomani di "101" si e chiuso un ciclo, estrema-mente positivo ma ormai sfruttato interamente. Sen-tivamo percio il bisogno quasi fisico di seguire altre vie, pur mantenendo una precisa matrice sonora. Nel casa di "Violator" abbiamo per esempio eliminato parzialmente la fase di pre-produzione perche era su-bentrata una certa stanchezza e una buona dose di noia. Tutto era diventato uguale a se stesso e monoto-no, bisognava ricreare una situazione eccitante, capa-ce di generare entusiasmo e fantasia. Poteva capitare due anni fa, fra tre anni o chissa quando: e successo ora, all’inizio dei Novanta ma, lo ripeto, e una coinci-denza. Negli ultimi lavori si notava una certa ridon-danza, una ricercatezza voluta ed eccessiva, il mettere in pratica una formula ormai perfetta senza 1’aggiun-ta di coloranti o nuovi ingredienti; in "Violator" c’e piu immediatezza, e piu diretto dei precedenti, piu facile da assimilare. Resta comunque un evento per il gruppo, l’apice di dieci anni di duro lavoro.

 

- L’ultima volta che ci siamo incontrati è stato in occa-sione del concerto milanese dei Cure. In che rapporti siete con i vostri colleghi e, in particolare, con Smith? - Come sai parte dell’album e stato registrato a Mila-no e quella sera abbiamo deciso di goderci un buon concerto. Non siamo amici nel senso completo del termine, ci rispettiamo e apprezziamo la loro musica questo si. Milano e una bellissima citta e quando ci venne offerta l’opportunita di incidere in Italia non ci pensammo su due volte.

 

- So che avete avuto qualche probiema con il testo di "Personal Jesus".

- Nulla di speciale, in verita non siamo mai stati banditi o censurati in piena regola. Anche alla televisione o alla radio, il peggio che ci poteva capitare era di passare in seconda o terza serata o nei programmi notturni, ma non potevano ignorarci date le migliaia di lettere che arrivano ogni giorno nelle redazioni. "Personal Jesus" e stata considerata alla stregua di

un inno religioso in America. una specie di atto di fede.

 

- Sul nuovo album, olrre "Personal Jesus", troviamo "Enjoy The Silence"scelto come singoio ma diame-traimente opposro come impostazione e significato. - Abbiamo optato per 'Silence" perche e forse il piu diretto e spontaneo di "Violator’; possiede un buon impatto commerciale e ti entra subito in circolo. Con questo non voglio dire che gli altri siano difficili o piu ermetici: tutto l’album e credibile.

 

- Cosa pensi della religione, credi in qualcosa di so-prannarurale?

- Sono affascinato dalla religione ma non sono prati-cante, se e questo che vuoi sapere. E’ importante che ognuno di noi abbia un suo Jesus, che la senta vicino e la immagini come meglio crede; chiamalo conforto spirituale o appoggio morale, resta il fatto che ti da sicurezza e fiducia in te stesso.

 

- Una delle vostre peculiarità e sempre stata quella di condire le canzoni con una vena pessimistica, un umor nero.

- Non ci dispiace trattare argomenti come la crudeltà di un dio ("Blasphemous Rumours") o descrivere i piaceri della sottomissione ("Master And Servant") perche, secondo noi, una canzone non si puo conside-rare finita, completa se non presenta dei risvolti nega-tivi: semplicemente in quanto ogni storia ha in se aspetti tristi, trame distruttive e forti contrasti. Il semplice rapporto tra due persone comporta tutto ciò, per sua stessa natura. Diciamo che noi focalizzia-mo 1’attenzione su questo aspetto.

 

- E’ opinione comune che la fine degli anni Ottanta ha registraro un ritorno ad atmosfere piii acustiche, un impiego piii limitato di tecnologie appficate ai suoni. Condividi o ritieni che, tutto sommato, computer e sequencers possono giocare ancora un ruolo impor-tante nell’ambito musicale?

- Propendo per la seconda ipotesi. Anzi, a mio parere si tende sempre piu ad utilizzare l’elettronica; solo che ora si cerca di orientarne l’uso verso aree umane, ricreare cioe trame acustiche servendosi di apparec-chiature elettroniche. C’e anche da dire che samplers e computer favoriscono l’insorgere e il proliferare di mode e tendenze come l’house music o l’hip hop destinate a consumarsi nel giro di pochi mesi, ma e uno scotto che bisogna pagare. I Depeche Mode sano convinti che l’elettronica sia la via migliore da seguire per fare della buona pop music ma a differenza di band come gli Human League o i Soft Cell non seguiamo la moda corrente, cambiando bandiera a seconda del vento che tira: un grosso errore, un imprudenza che puo costare cara. E’ importante mantenere un proprio stile e, cosa forse piu difficile, renderlo volta per volta interessante e stimolante.

 

– Ti sei sempre appassionato alla lettura di autori con-temporanei.

- Tra i 18 e 20 anni ho fatto un’autentica indigestione di Kafka. Ho divorato "La Metamorfosi’. "ll Pro-cesso" e "II Castello’: lì trovato di un'attualita scon-volgente; oggi leggo meno, preferisco guardarmi in-rorno per trovare l’ispirazione data che gli stimoli cer-to non mancano.

 

- Prima di passare ad alcune canzoni di "Violator", quale ririeni sia stato il momento magico dei Mode nei passati dieci anni?

- Naturalmente ognuno di noi ha le sue preferenze. Secondo me "Music For The Masses" e il precedente "Black Celebration" mettono meglio a fuoco l’entità della band riflettendo esattamente quello che era, al-l'epoca, il nostra credo artistico. Per altre ragioni, considero "101" insuperabile: ideale per chi voglia avvicinarsi ai Mode, insieme forse alla raccolta "The Singles 1981-1985". Va da se che il migliore in assolu-to deve ancora essere inciso. Non parlo di "Violator" ma del prossimo, assolutamente incredibile.

 

- Arriviamo cosi alla scaletra di "Violator", che non e il tirolo di un brano del disco.

- No, infatti. Solo una parola buffa, divertente. En-trando nel dettaglio vorrei citare una splendida cover di un pezzo di Lionel Richie... lo, sto scherzando. Oltre a "Personal Jesus" e "Enjoy The Silence" ci sano "Clean", "World In My Eyes" e "Halo" per citarne alcune. In quest’ultima aleggia un senso di colpevolezza, di timore interiore, di chi sa di sbagliare mentre "World In My Eyes" (che apre "Violator") ha molto a che vedere con una sorta di esistenziali-smo; in pratica ammette che compiacimento e piacere sono le case piu importanti della vita, una filosofia che si puo condividere.

 

- Compiacimenro inteso come stima di sè e piacere come sesso?

- Anche, ma non necessariamente. Sono tutte cose positive, di cui non bisogna aver paura, timore; stati d’animo che mi derivano da una formazione culturale che spazia da Kafka e Brecht sino al piu classico stile pop. Vna celebrazione, come accadeva in "Black Celebration". Se mi prendo troppo sul serio? Non credo, l’importante e che la gente rifletta, ci pensi sopra. - Ti sei scordato di "Blue Dress".

- Ecco una canzone dura, perversa (ride). Un misto di voyeurismo e di eccitazione nel vedere una ragazza che si spoglia, con relativa considerazione finale che e questa la molla che fa girare il mando. Una morale non facile da digerire ma dannatamente vera.

 

- Quanta importanza date ad un titolo?

- La canzone in se è importante, il titolo e un fattore di complemento: a volte e inerente l’argomento trat-tato, altre e avulso dal contesto. In ogni caso non me-rita piu di una certa attenzione.

 

- Dopo dieci anni di militanza musicale non vi sor-prende i( fatto di essere ancora ai vertici del movimen-to pop quando molti compagni di cordata si sono per-si per strada7

- All’inizio avevamo circa 16 anni e venivamo parago-nati, associati ai Duran Duran e agli Spandau Ballet: già questo, un grande errore di valutazione. Fortuna-tamente siamo cresciuti con il nostro pubblico, matu-rati con lui permettendoci di coltivare un orto perso-nale, considerato che le mode del momento non ci hanno mai distratto e la stile dei Depeche rimane ab-bastanza unico. Oggi siamo dei quasi trentenni con le idee chiare e consapevoli dei propri mezzi capaci per-rino di "gioire del silenzio".

- A giugno inizierete un altro "World Tour".

- Cominceremo dall’America, poi toccherà all’Euro-pa. Saremo in Italia verso settembre.

 

 

Paolo Battigelli