- In the Morning
- Shine
- You Owe Me
- Tempted
- Tonight
- All of This & Nothing
- Presence of God
- Just try
- Don't Cry
- The Last Time
- Take Me back Home
- My Sun

Bis:

- Kingdom
- Dirty Sticky Floors
- Condemnation
- Walking in My Shoes

 



    Se la notizia del nuovo progetto solista di Dave non ha sollevato grandi sorprese – in fin dei conti trattasi di una routine che i fan dei Depeche Mode hanno imparato col tempo ad assimilare – l’annuncio di un tour a supporto con tanto di tappa milanese è invece arrivato come un’intrigante sorpresa.
    E poco importa se i Soulsavers non sono i Depeche Mode, e neanche gli assomigliano lontanamente per stile musicale; Dave è Dave e la sua sola presenza scenica è tale da colmare spazi e vuoti, che siano essi scenici o musicali. Non ci si può spiegare altrimenti il sold-out al fulmicotone della data al Fabrique che ha lasciato esterrefatti più di uno. In fin dei conti, vendere 3.000 biglietti col solo nome Soulsavers è impresa certamente ardua, ma il nome Dave Gahan è bastato per bruciare tutto in circa 10 minuti, lasciando addirittura a bocca asciutta non pochi fan arrivati troppo tardi per accaparrarsi il prezioso tagliando.
    La prova del Fabrique avrebbe dovuto dirci se tanta attesa era giustificata o meno. Perché quando le luci si spengono, il boato è tale da ricordarci quanto siano calorosi i fan dei Depeche Mode verso i loro idoli. Ma il lavoro dei Soulsavers merita tanta grazia?
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    Quando Dave Gahan asserisce che i Soulsavers siano un progetto complementare ai Depeche Mode, in realtà, fa una dichiarazione meno ruffiana di quanto si possa pensare: il riferimento non è solo riguardante l'opportunità del frontman di trovarsi dinnanzi ad una band “già pronta” in scena con cui collaborare, senza doverne precostituire una in ogni occasione in cui voglia sfogare la sua vena artistica; bensì sono le stesse basi della band ad essere costruite già ad inizi 2000 con un orientamento musicale che non è così lontano da quell'alchimia di elettronica filtrata al Gospel, Blues, Soul, vista in dischi come Song Of Faith and Devotion.
    Inizialmente i Soulsavers sono un progetto atipico per le realtà musicali del nuovo millennio: formati da un nucleo centrale di due elementi, Rich Machin e Ian Glover, si muovono nel sottobosco del Rock Alternativo grazie all'ausilio di illustri voci che hanno reso grande il genere dagli anni 80/90 in poi. Una scelta che magari nei decenni precedenti avrebbe fruttato un bel po' di copie vendute in più, nei '00 hanno permesso “solo” alla band di fare diversi dischi sicuramente importanti.
    Dopo un EP di “riscaldamento” nel 2002 dal titolo “Beginning To See The Dark”, l'anno dopo esce il primo album “Tough Guys Don't Dance”. In questa prima evoluzione la band propone un sodalizio spontaneo che mischia un pizzico di Low Rock a basi piuttosto Trip Hop, è il loro lavoro più incline alle composizioni strumentali. Si passa a territori quasi Jazzy con l'highlight “Rumblefish” fino ad un Downtempo come “Down so Low”, cantata da Josh Haden. Quest'ultimo è l'ospite dietro al microfono del disco, compare negli unici tre pezzi cantati rispetto ai nove complessivi. Un bilanciamento corretto, considerando che il songwriting della band risulta ancora un po' acerbo dal punto di vista delle melodie vocali. clicca