DEPECHE MODE
 
Ultra  (Mute)
 
 
 
Considerando i traumi psicofisici affrontati per circa due anni, sino alla estate scorsa, dal loro front-man e cantante Dave Gahan (overdosi di eroina, crisi d'astinenza, ripetuti tentativi di suicidio), è quasi un miracolo che i Depeche Mode siano riusciti a completare la stesura del loro nuovo LP intitolato "Ultra". Per un curioso disegno del destino, l'attuale formazione dei DM, salvatasi dallo scioglimento grazie a forza di carattere e puro spirito di gruppo, è la stessa che nel 1982 muoveva i primi passi verso la celebrità incidendo "A Broken Frame". 
Dave Gahan, Martin Gore ed Andy Fletcher (distanziatisi oggi da Alan Wilder come all'epoca avvenne con Vince Clarke), presentano un albo molto elaborato, composito e melodico, che senza dubbio saprà compiacere e rassicurare i loro numerosi fan sul fatto che Dave Gahan abbia smesso di cazzeggiare con passatempi distruttivi.
Sotto una ubique scorza di ruvidezze e distorsioni assortite, "Ultra" risulta raccolta aasai comunicativa e vibrante di pathos (ponendoli perciò più in spiccata sintonia col mitico "Violator" del 1990, rispetto al recente e nebuloso "Songs of Faith and Devotion".
"Barrel of a Gun" e "It's No Good" sono due efficaci esempi della classica pop-ballad elettronica divenuta segno sonico distintivo per lo stile della band. Prossimo candidato alla guisa singolare sembra essere l'ottimo "Home", ben teso d'archi e controtempi sferzanti; pur molto belli "Sister of Night" e "Freestate" nei quali il redivivo Dave Gahan dimostra di avere superbamente calibrato le potenzialità delle sue doti vocali. Non mancano due strumentali piuttosto sfuggenti ("Uselink", più ambient, e "Jazz Thieves", decisamente astratto).  
Con la sua bella copertina piena di foto (consuetamente scattate da Anton Corbjin), con la mimetica produzione di Tim Simenon, e con l'impiego estemporaneo dei contributi d'ospiti estemporanei come Jaki Liebezeit, BJ Cole, Doug Wimbish, Keit le Blanc e Daniel Miller, "Ultra" conferma la tempra e la determinazione artistica dei Depeche Mode, riuscendo a proiettare la luce e l'afflato poetico dei loro slanci più ispirati anche oltre drappi lirici tessuti di fosca introversione.
I Depeche  Mode hanno ricomposto la propria identità superando una crisi clamorosa, e per farlo han giocoforza dovuto rielaborare quanto già conoscevano di solido nel proprio comporre: al futuro occasioni sorprendenti. Oggidì, comunque sia, "Ultra" piace e convince.
 
 
ALESSANDRO CALOVOLO