DEPECHE MODE
 
101 live
 
 
 
Gran pubblico (settantacinquemila persone!) la scorsa estate per i Depeche Mode alla Rose Bowl di Pasadena, dove in occasione del centounesimo concerto del tour mondiale "Concert For The Masses" è stato registrato questo doppio album dal vivo, sorta di greatest hits vivente, la summa di otto anni di carriera di un'eccellente synthesizer-band inglese, che attraverso l'uso delle macchine è riuscita a costruire un suono personale, raffinato ed elementare, mai allegro, comunque pieno di melodia e di appeal ritmico.
Il concerto s'apre col pubblico, vociante, rumorosissimo, che rimane sempre molto presente anche se in sottofondo, come negli album live degli anni Sessanta, una scelta discutibile, che in alcuni punti riempie il sound di questo disco quasi come se la folla fosse un altro strumento a disposizione del gruppo.
Nell'album fotografico, rigorosamente in bianco-nero (firmato da Anton Corbjiin) che accompagna il live, c'è una visione crepuscolare del palcoscenico dei Depeche Mode, un tour che è diventato film, con la regia del grande  D.A. Pennebaker, autore di Monterey Pop (1969).
Sulla prima facciata brillano soprattutto "Strangelove" e la straordinaria melodia corale di "Blashemous Rumours", in versioni piuttosto fedeli alle originali di studio. La seconda si apre con "Stripped", continua con l'acustica (pianoforte e voce) "Somebody", cantata con grande lirismo da Martin Gore. Riparte un sequencer e siamo a "Things You Said" e, poi a "Black Celebration", che appesantiscono l'atmosfera. La terza facciata riprende quota con "Shake The Disease", "Pleasure Little Treasure", "People Are People", si chiude con "A Question Of Time". La quarta facciata (insieme alla prima) è la migliore perchè riunisce "Never Let Me Down Again", "Master And Servant", il primissimo hit "Just Can't Get Enough" ed "Everything Counts".
Con una decina di brani in meno sarebbe stato perfetto.
 
 
STEFANO BONAGURA