INTERVISTA
DEPECHE MODE
Robert L. Doerschuk
Cose che attrae dei Depeche Mode? Non strizziano le chitarre puntandole ad altezza duomo. Non ballano il moon-walk e non fanno gesti osceni. Non si vestono neanche in modo spet-tacolore; il loro e un look cupo, tutto nero, come quello degli studenti d'arte. Non resta dunque che la musica. (Una band che e famosa per la sua musica? che razza di idea!). Ma il mistero permane. Nonostante i primi tempi da gruppo rock upbeat, con i primi sintetizzatori e i battimani, i Depeche Mode hanno coltivato un sound che riesce a essere allo stesso tempo deprimente e coinvolgente, fin da quando Vince Clarke abbandono il gruppo per formare gli Erasure. Non è dance music, specialmente se la si confronta con i dischi che attualmente ricadono in questa categoria. Non è roba ambiziosa e con alte pretese arti-stiche. Non e neanche commerciale; dopo 11 anni, la loro musica resta paradossale come lo e sempre stata paradossale perche, nonostante tutti i tamburi smorzati, la combinazione caratteristica di suoni percussivi nei loro pezzi, le voci lamentose, a volte minacciose e a volte vagamente annoiate, i Depeche Mode riescono a far vibrare le corde dei nostri sentimenti.
Un ruolo importante la gioca la loro resistenza. Molto tempo dopo che gli Human League, gli Orchestral Manoeuvres In The Dark, i Simple Minds, e altri gruppi pionieri del "synth rock" hanno registrato nel sequencer la loro ultima nota, Alan Wilder, Martin Gore, David Gahan e Andrew Fletcher sono ancora sulla breccia. Dal loro primo album post-Clarke, A Broken Frame, fino al toro ultimo lavoro, Songs of Faith and Devotion, hanno speso molto tempo a per-fezionare quel quid che individua il loro stile. Con la supervisione di Flood, produttore veterano degli U2, le sessioni di Songs hanna superato gli otto mesi di lavorazione meticolosa, tra registrazioni, mixaggio e messa a punto. II risultato e un album nel quale il loro sound e ulteriore paradosso sviluppato piu a fondo e allo stesso tempo piu enigmatico che mai.
II merito di questo va ascritto per buona parte a Flood. Sotto la sua direzione i suoi clienti principali, gli U2, sembrano essersi fusi in ununico amalgama sonoro, dal quale fuoriescono occasionalmente chitarre squillanti e voci disperate. E altrettanto awiene in Songs: e possibile individuare la maggior parte degli strumenti, ma il mix incoraggia I'assorbimento della musica nel suo complesso. "This is the dawning of our love", il verso principale del primo brano, "I Feel You", esce da un groviglio di basso pulsante, piatti squillanti, armonici perforanti di chitarra e suoni elettronici assortiti. Ma nonostante la chiarezza dei dettagli dei loro lavori precedenti fosse migliore, resta sempre il loro sound inconfondibile.
L'elemento chiave di questo sound e Alan Wilder, che le PR del gruppo non hanno difficolta a definire come il loro "musicista". Wilder ha speso piu tempo con Flood di quanto non abbiano fatto i suoi compagni, a fare quello che lui chiama "il lavoro da cacciavite".
Poco prima di ripartire per IInghilterra per le prove del loro tour estivo in Europa (che li ha visti passare anche per IItalia lo scorso mesc di giugno) e negli Stati Uniti, si e concesso un po di tempo per riflettere su Songs e meditare sul perenne enigma dei Depeche Mode.
R.D.: Pensi che dal punto di visto del suono, Songs of Faith and Devotion si discosti dagli album precedenti dei Depeche Mode?
A.W.: Senza dubbio rappresenta qualcosa di abbastanza diverso, ed era proprio que-sto il nostro obiettivo. Volevamo provare a cambiare piu elementi possibile del nostro approccio al fare musica, principalmente per mantenere alto il nostra interesse in ciò che facciamo, e per porci una sfida. Siamo consci del pericolo di cadere nella routine e di finire per annoiarci. Credo che in questo album I'enfasi vada specialmente sull'esecu zione.
Ma una volta che Iesecuzione e stata fatta, abbiamo applicato tutta la tecnologia che nel corso degli anni abbiamo incontrato e amato, per mettere tutto assieme in un modo che, nonostante tutto, è ancora inconfondibilmente Depeche Mode.
R.D.: In che senso dici che I'esecuzione ha un ruolo piu importante del solito? Avete fatto un uso minore del sequencer?
A.W.: Usiamo sempre il sequencer per la maggior parte delle esecuzioni, ma adesso stiamo usando il sequencer per ristrutturare quello che facciamo. Se semplicemente arriviamo e ci mettiamo a suonare tutti insieme, finiamo per avere il suono di un gruppo rock da taverna. E questo il problema: non siarno capaci di andare in una stanza, suonare assieme, e uscire come per magia con un pezzo. Dobbiamo impiegare tutta la tecnologia per dargli un suono piu spontaneo e umano. Una delle case che avevo in mente prima che cominciassimo con questo disco era che nellultimo album, per quanta buona fosse, c'era una leggera rigidità. Volevamo fare un disco molto più sciolto, meno programmato. Io credo che questo obiettivo sia stato raggiunto.
R.D.: Puoi fare un esempio del ruolo dellelemento esecuzione in Songs?
A.W.: Prendiamo "I Feel You". Tutti i tamburi sano veri, ma la maggior parte e stata campionata e poi passata al sequencer sotto forma di loop. Questo non vuol dire che non cambino man mano che la canzone procede. Ce una serie di loop messi in sequenza e suonati usando Cubase (della Steinberg), in una struttura diversa da quella che avevano quando sano stati suonati veramente.
R.D.: In passato avresti programmato il ritmo senza nessuna esecuzione reale.
A.W.: Esatto. In questo casa, applichiamo la tecnologia all'esecuzione per assicurarci che chi ascolta possa percepire tutta la dinamica dell'esecuzione umana, tutti quei leggeri cambiamenti di tempo che fanno si che una cosa sembri umana. In "Walking in My Shoes", per esempio, ci sano loop diversi nella strofa, un loop supplementare nel ponte, e nel ritornello awiene un cam-biamento completo di suono e di ritmo. Inoltre in ciascuna sezione ci sono diversi stacchi di batteria, pattern di charleston e pattern di percussioni. La combinazione di tutto cia dà limpressione che il ritmo vari continuamente.
R.D.: Secondo me, molte delle parti che suonate hanno un suono piu mascherato in questo disco che nei lavori precedenti dei Depeche Mode.
A.W.: Forse, un poco. Mi piace pensare che il suono sia abbastanza pulito da poter individuare le singole parti. Ma suppongo che sia sempre necessario arrivare a una mistura equilibrata. E questo che si cerca di fare in fase di mixaggio. Un buon mix dovrebbe farti smettere di pensare al mixaggio. Se cominci ad analizzare tutti i dettagli del mix, non cogli la musica nel suo insieme. Per entrare in dettaglio, la gente certe volte mixa la batteria troppo forte. Certo, moltissima musica dance e fortemente orientata al ritmo. Anche noi diamo mol-ta importanza al ritmo, ma certe volte e un problema decidere il volume della batteria. Puo diventare molto difficile mixare a un livello basso i tamburi, perche noi ormai abbiamo fatto un lavaggio del cervello a furia di starci attaccati. Appena li mixi a basso volume ti pare che ci sia qualcosa di sbagliato.
R.D.: I cambiamenti di pattern ritmico e la dislocazione spaziale della batteria nel mix di "In Your Room" sono gli elementi piu dinamici di questa canzone.
A.W.: Questo pezzo è stato molto difficile. Abbiamo registrato questa canzone in tre o quattro modi diversi. Una era tutta uguale a quello che adesso si sente nella seconda strofa, con la batteria in sordina e la linea di basso "groovy". Ma non si poteva reg-gere tutta la canzone su quel ritmo; non andava da nessuna parte. Abbiamo creato la struttura del pezzo già a uno stadio abbastanza precoce. Sapevamo dove andavano le strafe, i ritornelli, e la sezione centrale. E piu o meno e stato lo stesso con "I Feel You", sono entrato e ho cominciato a suonare la batteria sulla traccia in un cer-to stile, poi lho rifatto in uno stile piu funk, e cosi via.
R.D.: II suono stesso della batteria sembra cambiare do una sezione all'altra.
A.W.: Abbiamo registrato quei suoni in una villa che avevamo affittato a Madrid. Abbiamo messo su uno studio nel seminter-rato. Le due batterie, la piccola e la grande, sano state registrate in ambienti diversi, che hanna data a ciascuna una sua pecu-liarita. In piu sano state suonate in modo molto differente. La batteria piccola, che fa il suo ingresso durante la seconda strofa, ha un loop piuttosto interessante: e unaltra batteria che e stata ridotta facendola pas-sare attraverso un sintetizzatore e poi distorcendola. Questo la tramuta in un suo-no di percussioni bizzarro, che viene poi messo in loop sfasandolo rispetto alla batteria vera, e formando cosi un ritmo funk molto particolare. Facciamo spesso cose di questo tipo. Per esempio registriamo una batteria in modo abbastanza diretto, bilan-ciamo il suono, e facciamo passare tutto attraverso un sintetizzatore. Allinizio di "I Feel You", per esempio, la batteria e suonata, campionata, trattata col sintetizzatore, distorta e poi dimezzata di volume.
R.D.: Che tipo di sintetizzatore usi di solito sui suoni di batteria?
A.W.: Puo essere qualunque cosa. Abbia-mo usato un sistema modulare Roland 700. Abbiamo usato anche distorsori, moduli di filtraggio. Spesso usiamo processori d'effetti per chitarra. Siamo appassionati dello Zoom; ha un distorsore e un compressore che sono grandiosi.
R.D.: Al culmine del crescendo di "In Your Room" ce un verso che dice "Your eyes cause flames to arise". In questo punto ce una sottolineatura con un rullo di piatti su "flames".
A.W.: Questa e stata una delle ultime aggiunte. Dal momento che e il punto di massima tensione della canzone, mi e par-so necessario aggiungerci qualcosa. L'abbiamo aggiunto in use di mixaggio. Succede spesso che solo quando si arriva allo stadio di mixaggio ci si accorge che serve unulteriore parte. Quando si sta regi-strando, il suono non e mai abbastanza buona per poterlo dire. Per cui buona parte di questi abbellimenti vengono messi solo al mixaggio, come per esempio i piatti rovesciati.
R.D.: Perche sei cosi attratto dai suoni rovesciati? Ce ne sano in abbondanza in questo disco, e anche nei precedenti album dei Depeche Mode.
A.W.: Non so esattamente, ma sano quasi sempre io che tiro fuori questi suoni, dun-que dev'essere qualcosa che dipende do me. Penso che sia quello strano effetto psi-chedelico. Avendo presoa droghe psichedeli-che nella mia giovinezza, mi fa ricordare il modo in cui si percepisce la musica in quel-lo stato mentale: tutto suona al rovescio. Per cui quando sento qualcosa di rovesciato, mi mette in una specie di umore psichedelico. I suoni rovesciati si possono anche usare per passare do una sezione a un altra, o per formare stacchi bizzarri tra la strofa e il ritornello.
R.D.: C'e un altro episodio di rovesciamento alla fine di "Mercy.
A.W.: Quello e un pianoforte rovesciato. E I'inizio di "Judas" ha le Uillean pipes regi-strate normalmente, ma mixate con del riverbero rovesciato. La cosa buona del riverbero rovesciato e che aggiunge spazio a un suono senza stemperarlo. Di solito sano contrario a usare troppo riverbero, perche non sopporto Ieffetto di distanza che crea. Ma spesso voglio sentire i suoni in uno spazio, o provare a mantenere tutta la limpidezza di un suono pur provando a localizzarlo in qualche modo. II riverbero rovesciato riesce a fare esattamente questo. Verso la meta di "Rush", quella specie di brano progressive verso la fine dellalbum, c'e una parte in cui la voce ha molto river-bero rovescio; riesce davvero a far risaltare il canto.
R.D.: Sottoponete anche il suono del pianoforte a molti trattamenti?
A.W.: Molto spesso. La parte di pianoforte allinizio di "Walking in My Shoes" e stata trattata con un processore per chitarra, che Iha distorto rendendolo piu tagliente. Sopra a quello abbiamo aggiunto un cam-pione di clavicembalo. E in "Condemnation" abbiamo fatto passare il suono del piano attraverso una specie di pitch-shifter tremolante. L'idea di quel brano era di esal-tare quel sensa di gospel che la canzone aveva originariamente, senza finire in un pastiche, e di provare a creare un effetto come se fosse suonata in una stanza, in uno spazio reale.
Quindi abbiamo cominciato con il portare tutti i quattro membri del gruppo nello stes-so ambiente, ciascuno a fare una cosa diversa. Fletcher picchiava una valigia con un bastone, Flood e Dave battevano le mani, io suonavo un tamburo, e Martin suonava un organo. Poi abbiamo riascol-tato il tutto. Era una cosa allo stato embrionale, ma ci ha dato unidea della direzione da seguire.
R.D.: C'e molta chi-tarra in questo album, ma non viene mai suonata in uno stile blues/metal da clichè. Sembrerebbe che i tipi di suoni sin-tetici e di campioni the usate condizioni-no il mode stesso in cui li usate.
A.W.: Abbiamo una forte avversione allo stile tipico da chitarra rock. Certo bisogna confrontarsi con Iin-tensitàa che hanna i dischi rock, ma noi preferiamo cercare di ricreare quellintensita in un nostra modo, senza ricorrere a queste tattiche standard. Lidea della parte di chitarra elettrica urlan-te si puo riconvertire in onde di radiofre-quenza, per esempio. Le nostre parti di chi-tarra, daltra parte, tendono a diventare abbastanza strane. Le facciamo passare attraverso Leslie e altre apparecchiature che le tolgono un po il suono da chitarra, pur mantenendo la forza dello strumento.
R.D.: Avete aggiunto molta attrezzatura nuova dopo il vostro ultimo album?
A.W.: In realtà no. L'unica differenza e che adesso usiamo piu strumenti acustici, specialmente per comporre. Quando lavoriamo tutti assieme a una canzone, di solito suoniamo chitarra, piano, basso e batteria. Sono propria gli strumenti piu divertenti do suonare, davvero. Ognuno ha una sua dinamica piacevole. Lunico problema e che il suono del piano certe volte condiziona cia che si scrive. Comporre su strumenti con una larga risposta dinamica e qualcosa che in un certo sensa aiuta. Ma quando viene il momento di trasporre in un altro suono cia che si e scritto, allora e una cosa completa-mente differente, e tutto acquista delle qua-lita diverse.
R.D.: II vostro equipaggiamento elettronico non e cambiato molto nel corso degli ultimi anni?
A.W.: Abbiamo sempre gli stessi campionatori: Akai e E-mu Emulator. E molti sinte-tizzatori modulari o in rack: un Minimoog, degli Oberheim, il sistema Roland 700, degli ARP 2600. Ci sano meno macchine moderne che mai: nessun DX7, PPG, o case di questo tipo.
R.D.: E una questione di suono o di pro-grammabilita limitato che vi fa allontanare dagli strumenti nuovi?
A.W.: E il suono. Se pensassimo che il DX7 ha dei dei suoni, la useremmo in continua-zione. I vecchi sintetizzatori hanno una qualita organica, un suono pieno e convincente che non si riesce proprio a sentire sul-le macchine digitali.Ma anche la flessibilita e una cosa importante. Sulle macchine di una volta si puo trattare il suono con una flessibilita eccezionale; si può creare un suono nuovo senza dover partire da un suono preconfezionato da qualcun altro. ll DX7 inizialmente mi aveva impressionato, perche aveva quei suoni tipo campana che a quei tempi non erano disponibili in altro modo. Ma se poi volevi cambiare quei suoni eri fregato, a meno che non avessi una conoscenza molta profonda degli algoritmi. Non conosco nes-suno che sia mai riuscito a raccapezzarcisi. Di sicuro non ci sono riuscito io.
R.D.: Come parte dei Depeche Mode, hai avuto un punto di vista privilegiato per osservare Iimpatto della tecnologia elettronica sulla musica pop di questi ultimi decenni. Quali sano le tue impressioni sul modo in cui le band usano di solito questo tipo di attrezzatura?
A.W.: Perlopiu sano infastidito. E una ver-gogna vedere come l'elettronica venga sfruttata a fondo solo nella musica dance. Pero, vedi, anche se ci dicono che il nostro approccio ha influito molto sullo svilvppo della musica dance elettronica, noi in realtà stiamo tentando di allontanarci il piu possibile da questo. Semplicemente perche I'enfasi di quello che facciamo e sulle canzoni. Tutto deve contribuire a migliorare la canzone, a creare l'atmosfera giusta. Adoro la dance music, i Kraftwerk e la techno; state gia cominciando a veder affiorare questo nostro lato. Ma e comunque sempre qualcosa che bisogna applicare alla canzone. E certe volte la rigidita dellelettronica si sposa male con le canzoni piu calde e sentimentali.
R.D.: Cosa ne pensi del cambiamento di gusti in corso nei suoni dei sintetizzatori?
A.W.: C'e del buono e del cattivo. Molta gente nel rap sta usando la tecnologia in un
modo interessante, per rendere il suono dei loro dischi piu sporco. Dallaltra parte, la maggior parte della musica pop e tutta linda e immacolata, e anche questo aspetto va tenuto presente. lo cerco di catturare lessenza di entrambi, per avere un suono pulito, con tutto la spettro di frequenze a disposizione, ma avendo anche un po di grinta. Prendi "Mercy", per esempio. Stavamo lavorando a questo loop di percussioni un pa' tipo rap. Se ascolti questo pezzo con solo il ritmo e uno o due altri elementi, ha un suono grandioso. Riesci a scoprire ogni sorta di distorsione sui toni bassi della cassa. Ma appena cominci a metterci sopra altri strumenti, comincia ad avere un suono sporco e impastato sulle frequenze piu basse, e allora ti tocca mettere mano ai suoni percussivi per poter far spazio alle altre parti. Appena si comincia a fare questo si perde tutta la grinta. E stata una canzone difficilissima da mixare.
R.D.: Usi di proposito dei campionatori con pochi bit per mantenere una sorto di elemento grunge nel tuo sound?
A.W.: Su questo ce qualcosa che deva assolutamente dire. I primi suoni dell'Emu-lator erano cosi belli perche erano di cattiva qualita. E come con il nastro analogico; il fruscio puo essere una cosa brillante.
R.D.: Che campionatore usi per i suoni dei tamburi?
A.W.: Di solito I'Akai S1100, non tanto per la sua qualita sonora, che e ottima, ma per-che ha una precisione migliore nel far scattare i suoni. E il modo in cui assegna le uscite ha molti vantaggi rispetto all'Emulator, per quanta credo che il suono dell'Emulator sia leggermente migliore.
R.D.: Che tastiera usi sul palco durante it tour?
A.W.: Preferibilmente gli E-mu Emax, per-che sono comodi e non si rompono facil-mente durante il trasporto. Pero e sempre utile avere qualcosa con un'ottava in piu, perche per ogni canzone dobbiamo assegnare alla tastiera un gran numero di suoni.
R.D.: Andate in giro con dei musicisti aggiuntivi?
A.W.: Ho sempre desiderato avere dei cori-sti. Io suonero la batteria dal vivo e Martin di piu la chitarra. Immagino che ad alcuni sembreremo di piu una "rock band", ma mi auguro che questo non scateni un effetto di piu ampia portata.
Di Robert L. Doerschuk OS 1993 The Miller Freeman Corporation.
Pubblicato su licenza della rivista Keyboard.